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			Prefazione     
			    
			Non è facile parlare di un romanzo come Keta - Una volta
			all’anno è lecito impazzire e non sentirsi 
			spiazzati dalla mancanza di una definizione univoca che lo 
			caratterizzi. Keta – e precisiamolo una volta per tutte, la ketamina 
			è un anestetico per cavalli con effetti allucinogeni – è mille e uno 
			romanzi insieme. Un concentrato di sentimenti, passioni, morali. Un’ 
			assemblamento di fatti e riflessioni che rendono il testo pregnante, 
			denso, pressato. 
			  
			   Per la 
			molteplicità di temi, Keta non è facilmente ascrivibile ad un genere 
			preciso: è un romanzo d’amore, generazionale, pulp, moralista, 
			umoristico. E per ognuno di questi temi, varie ramificazioni si 
			dipartono a rendere il testo più complesso e più 
			metaforicamente rappresentativo della psicologia del l’ 
			adolescente protagonista. 
			  
			    La storia di 
			Jonathan è, con le opportune variabili, la storia che è o è stata di 
			tutti. Un ragazzo della porta accanto al concludersi dell’ età 
			adolescenziale che intraprende il suo cammino di vita che, 
			ostacolo dopo ostacolo, lo porterà ad un’ epilogo onirico e 
			catartico, preambolo dell’ età adulta. Una fabula universale, che 
			vede il protagonista barcamenarsi tra amori, avventura, amicizie, 
			scuola e famiglia. Tra umori altalenanti, acute depressioni e gioie 
			incommensurabili che scandiscono, anche stilisticamente il ritmo del 
			romanzo. 
			  
			    L’ intreccio 
			trova nel luogo di ambientazione un vero e proprio deteraugonista. 
			Un contesto nuovo mai veramente sondato quello della provincia 
			sarda, identificata nominalmente ma in fondo uguale a mille province 
			del mondo e per questo universale. Assurta agli onori del romanzo, 
			la periferia provinciale dispiega la sua potenzialità di background 
			ideale. Non più, come la letteratura ci aveva abituato, scenari 
			metropolitani atti ad incorniciare amori al cioccolato e serenate 
			rap, ma l’ inversione dei canoni recenti per raccontare una passione 
			al limite del patologico contornato da alcol e droghe.  
			  
			   L’ uso di 
			stupefacenti come sintesi estrema del degrado esistenziale sono qui 
			il campanello d’ allarme di una gioventù alla ricerca di un 
			identità. Un diversivo alla noia e l’ illusione del guadagno facile 
			attraverso lo spaccio sono i concetti base attraverso il quale il 
			tema viene sviluppato. La Ketamina che dà il nome al libro è la 
			droga che nell’epilogo darà luogo ad un’estrema fuga dalla realtà, 
			al viaggio onirico e psichedelico che porterà a nuove 
			consapevolezze.   
			  
			     La passione 
			esasperata, si diceva. Esasperata ed eccessiva quanto può esserlo 
			l’amore adolescente, per giunta non soddisfatto, cristallizzato 
			nell’immagine fumosa, detraente, idealizzata di Anna, ricalcata sul 
			mito moderno dell’albachiara rossiana, a cui piace studiare e non se 
			ne vergogna affatto. L ’incarnazione un po’ snob delle buone virtù è 
			il deus ex machina del romanzo, l’oggetto desiderato che muove il 
			protagonista alla metamorfosi, lo cambia, lo spinge al miglioramento 
			e in seguito alla depravazione. 
			  
			     Se l’amore è 
			vissuto in maniera convulsa e assuefacente, per contro il sentimento 
			dell’ amicizia è idealizzato a status di perfezione. Gli amici 
			rappresentano il porto sicuro ma anche la spalla ideale per 
			condividere esperienze di vita e delusioni.  Il gruppo qui perde l’ 
			accezione negativa di branco e diventa foriera di aneddoti, di 
			slogan e mode linguistiche. Tommy, l’ amico fraterno del 
			protagonista, ha invece funzione di opposizione inconsapevole, è il 
			metro di misura della virtù di Jonathan,  il suo alter ego dalle 
			scelte diametralmente opposte. 
			  
			    La scuola,
			ambiente 
			quotidianamente frequentato dal protagonista, ha, come spesso per 
			ogni adolescente, una connotazione negativa. Teatro eletto dei 
			fallimenti del giovane Jonathan, l’ istituzione è spesso 
			demonizzata; i docenti vengono ridicolizzati, l’ambiente aspramente 
			criticato. Fonte d’ispirazione per le riflessioni del protagonista, 
			l’ istituto scolastico rappresenta il primo vero termine di 
			confronto tra Jonathan e la società.   
			  
			    
			Esemplificativo di una generazione è poi il rapporto del 
			protagonista con la religione: Il Dio invocato da Jonathan è 
			presente, a volte vituperato ma rinominato con l’ appellativo di 
			Jason, quasi a renderlo più familiare, anche in virtù 
			dell’americanismo imperante che rende i giovani di provincia anch’ 
			essi figli della Mtv Generation. Quel che ne consegue è una 
			religione moderna, intima e personale. La Chiesa non ha ruolo nel 
			romanzo, ma la presenza del Dio onnipresente è data per assodata e 
			mai messa in discussione. 
			  
			    Ancora, un 
			tema dominante è la passione per il calcio. Spesso le metafore di 
			vita s’ intrecciano con le figure calcistiche, le vicissitudini del 
			quotidiano all’andamento della squadra del cuore, le morali si 
			spiegano attraverso il gergo del pallone. La Bibbia è la Gazzetta 
			dello Sport. 
			  
			    E proprio la 
			morale accorta e incessante, spesso invadente, è uno dei temi 
			portanti del libro. Un complesso sistema di dogmi tratti dai 
			libri,dalle canzoni, dai testi scolastici costituiscono i capisaldi 
			morali di Jonathan. A volte in contraddizione fra loro, gli elementi 
			in questione rappresentano il disperato bisogno adolescenziale di 
			trovare delle certezze e una personalità sicura di fronte agli 
			interrogativi della vita. Meticolosi sistemi di classificazione 
			rappresentano il modus operandi del primo Jonathan in relazione al 
			prossimo. La metamorfosi data dalle esperienze lascerà poi spazio a 
			repentine contraddizioni dei primi punti di vista e darà spazio alla 
			diplomazia o a complete revisioni di pensiero. 
			  
			    Elemento 
			imprescindibile del romanzo è anche la musica, sottofondo costante e 
			complementare delle vicende. Le musiche di “accompagnamento “ alla 
			lettura sono accuratamente scelte dall’autore: una selezione di 
			canzoni ad hoc è presente nelle pagine di coda del testo. 
			 
			  
			    E’ in virtù di 
			questo stretto rapporto con la musica che Keta risulta 
			straordinariamente rappresentabile in scena. L’ accostamento 
			obbligato tra le musiche scelte dall’ autore e il testo dà una 
			dimensione completa della vicenda, la rende viva e visibile. Le 
			esperienze di Jonathan vivono attraverso le musiche condivise dal 
			lettore, che sente il personaggio più vicino, lo fa suo, lo rende 
			 umano attraverso le note di canzoni conosciute da tutti. 
			  
			    Infine, 
			impossibile sottovalutare l’ importanza del linguaggio all’interno 
			del testo. La varietà linguistica - verrebbe da dire “ idioma “ per 
			la sua specificità - utilizzata in Keta non è solo una trascrizione 
			fedele del gergo giovanile della provincia del Medio Campidano. Il 
			linguaggio di Jonathan e amici, da settoriale campidanese espatria 
			nel momento in cui riproduce esattamente le formule colloquiali, gli 
			errori, gli ipercorrettismi tipici del quotidiano giovanile. Una 
			varietà ricca e colorata, che solo periodicamente lascia spazio ad 
			un registro più curato ed austero, generalmente a proposito delle 
			digressioni morali. I brani linguistici vengono poi resi formulaici 
			dalla continua ricorrenza a slogan e topoi. Formule reiterate ad 
			oltranza per ribadire l’appartenenza al gruppo, per rendersi 
			riconoscibili, per creare un jingle che ancora una volta nasconde la 
			determinazione di una personalità che vuole emergere.  
			  
			      Questo, in 
			poche pagine è Keta, il giudizio al lettore.     
			                                                                                                                         
			Cristina Piras 
			                                                                                                            
			
			  
			(La Nuova Sardegna)     |