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Keta - Una volta all' anno è lecito impazzire, Davide Porru, © 2005 La Riflessione Editrice, 316 pagine, 12 euro


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Recensione di Alberto 13/09/2005

Recensire un libro o un opera in generale dovrebbe essere un’attività che comporti l’uso della più estesa oggettività di cui si dispone. Spesso questo non si verifica perché essendo un libro prodotto dalla natura umana, anche l’interpretazione che se ne da è frutto della mente umana. Il mio giudizio, quindi, è una lettura soggettiva la quale credo sia ciò che tu voglia. La trama “adolescenziale” potrebbe trarre in inganno in quanto si potrebbe cadere nel pensare che si tratti della solita storiella giovanile infarcita di esperienze nuove di vita, con le donne, con gli amici, le scoperte di mondi alternativi, svago, droga…Ma non è esattamente così ed è facile intuirlo dalla carica che ha il protagonista nello scrivere. La  conferma giunge nel capitolo IV - M.P.C.S.D., la personalità di Jonathan è ben più complessa e ai superficiali dovrebbe rimanere oscura, ma non c’è problema in quanto un superficiale sta alla larga dal tuo romanzo; meglio un libro di barzellette di Totti! Io riesco ad entrare nei vestiti di Jonathan e a vivere le storie di cui ci narra, so immedesimarmi con lui in scene di gioia e gaudio come in altre di triste crisi depressiva.

Jonathan sa essere il ragazzo spensierato, “cazzeri” come ci insegnano gli anglosassoni, pronto all’azione bastarda con le donne, ma poi si rivela un’inguaribile romantico che si arrovella la mente ed il cuore al setaccio dell’amore inappagato, per giunta verso la donna più tosta che avesse potuto scegliersi. Mi piace quando monti la storia in un sottile gioco in cui momenti di ironia hanno il sottofondo di malinconia (basta una frase: situazioni leggere si bloccano per un istante con un semplice - Anna bastarda- che rimembrano la grande depressione per lei). Tuttavia è pure vero il contrario perché in situazioni di tristezza fuoriesce lo zampillo ironico di Jonathan che distendono una lettura che si sta facendo eccessivamente cupa. La storia scorre bene e regolare fino al ciclone Anna (altro che Katrina per il nostro amico Jonathan!), quando il protagonista si capta sul segnale della donna amata il tempo sembra arrestarsi, per lui la giornata può scorrere quanto vuole ma il suo tempo è fermo senza un contatto con lei; il mondo fuori dalla camera di Jonathan non è esiste, egli è sospeso. Tutto questo si nota meglio quando, abbandonata la pista Anna, il nostro “eroe” ( passamela per favore) si concede qualche uscita, nuove esperienze, nuovi amici, nuove donne… Ecco il vero centro propulsore del libro: la figura femminile in tutte le sue sottospecie che hai sapientemente schedato, una catalogazione che non fa una piega. Non mi soffermo ad analizzare nessuna delle figura femminili tanto meno quella di Anna perché mi ricorda un’altra persona.

L’amico che si perde, Tommy ,diciamo che mi resuscita sentimenti di compassione difficile compatirlo in quanto sceglie strade tortuose che nulla di buono hanno mai portato a nessun uomo, ma è pur vero che risulta arduo anche accusarlo: è l’eterno sfigato e necessita di rifarsi in altro modo, di godere della vita da un’altra facciata. Attraverso lui si presenta il problema della droga nel nostro mondo e in particolare in quello giovanile.

Vorrei ora soffermarmi sui valori aggiunti di questo libro che vanno oltre la trama del romanzo stesso; sto parlando delle poesie, dei testi di canzoni riportate in scene particolari (che possiamo far reiterare anch’esse nella classe poesie),  nei monologhi di Jonathan su tematiche sociologiche, filosofiche, psicologiche e della metafora col calcio. La scelta del “momento lirico” è ottima , la poesia propria carica il libro di sentimento, la poesia inoltre è fuori dal tempo e dallo spazio e perciò potrebbe essere estratta dal libro e leggersi da sola. Le canzoni trascritte aiutano nell’immedesimazione, io ritengo che ogni vicenda che ci capita potrebbe associarsi bene ad una misura o ad una canzone, una colonna sonora. Citare i testi, soprattutto se si conoscono le canzoni fortifica i sentimenti che escono dalle pagine. I monologhi aggiungono l’appellativo di saggio a quello di romanzo per questo libro, quando Jonathan dice cose inerenti la psicologia, la sociologia e la filosofia sembra di ascoltare un divulgatore con un acume intellettuale che sorprende notevolmente. La sua figura ne trae vantaggio, anzi tutto il romanzo si avvantaggia e cresce il suo livello. Nemmeno una piega nella metafora vita-calcio forse in alcuni casi esagerata perché potrebbe capitare un lettore che non capisce un piffero di pallone, ma poco importa gli appassionati sapranno apprezzare. Finisco col finale (gioco di parole, scusa). Avrei voluto nel mio cuore che alla fine Anna avesse ceduto all’amore smisurato di Jonathan, ma così non poteva essere perché avresti spezzato il filo conduttore di tutto il romanzo fin dal principio: trionfa la donna e non l’amore, è lei la padrona l’ uomo dipende da essa e soffre all’ombra della sua figura come scritto da qualche parte da un’entità superiore, un Jason, o il Fato che è cosa ancora più potente ed incontrovertibile. Di sicuro molto mi è sfuggito ma per ora mi premeva scriver questo. Avrò tempo e modo per analizzare altro.

Con una buona propaganda questo libro sfonda.

 

 Alberto

 

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Davide Porru, © 2005 La Riflessione Editrice

 

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